Spiriti Elementali Magia di Paracelso


Prima di Paracelso, occorre precisare che il Primo, in assoluto, Trattato di Elfologia fu l'opera Trattato sulle fate di Ismael Mérindol (1466), al quale si rifece anche lo stesso Paracelso, Leonardo da Vinci, Francois Rabelais e molti altri autorevoli autori.
Ismael Mérindol racconta dettagliatamente il suo personale re-incontro con gli Spiriti Elementali, poiché lui stesso era un figlio di una fata.
Il testo è davvero interessante e fortunatamente Edouard Brasey , dopo anni di ricerca, riuscì ad accedere al manoscritto originale nella Biblioteca di Praga, e ne tradusse il testo.
Oggi si trova facilmente o quasi in vendita edito per l'Italia da Cairo Editore.

Dunque veniamo agli Spiriti Elementali di Paracelso e il suo De Nymphis, Sylphis, Pygmaeis et Salamandris et coeteris spiritibus.

La figura gigantesca e potente di Paracelso (1494-1541), attraversa il rinascimento con la potenza di un uragano. Mescolando  alchimia, magia, medicina colta, tradizione filosofica e tradizione folklorica, l'immensa opera paracelsana crea una miniera, un bazar culturale sconfinato e rivoluzionario, di cui ancor oggi non sono ben chiari i confini.
L'opera, sugli Spiriti Elementali ,di revisione e ridiscussione delle concezioni scolastiche operata da Filippus Aureolus Theofrastus Bombastus von Hohneheim (detto Paracelso), travalicando l'opera del medico, alchimista e mago,
sconfina nell'etica, nella politica, nella teologia, nella mistica, con il linguaggio provocatorio e vibrante del
Ritratto di Paracelso del 1589- Teca Bibl.G.Galilei di Firenze
visionario, del folle, del profetico arringatore degli spenti rappresentanti di una cultura ufficiale che egli vive come asfittica e morente.

Il piccolo popolo degli elementi, il mondo dei salamandri, degli gnomi, degli ondini e dei silfidi, proveniente, in varie forme e coloriture, dalla cultura e dal folklore dei popoli centroeuropei, fa il suo primo ingresso nella letteratura magica proprio nell'opera di Paracelso.

Il De Nymphis, Sylphis, Pygmaeis et Salamandris et coeteris spiritibus, è stato più volte ristampato nelle opere del medicomago, spesso mescolato o in appendice ai trattati filosofici e scientifici.
È questa la prima fonte in cui incontriamo, nella storia letteraria occidentale, il nascosto popolo degli elementi. Vediamo in dettaglio cosa ce ne dice Paracelso.
Mi propongo d'intrattenervi sulle quattro specie d'esseri di natura spirituale, cioè le Ninfe, i Pigmei, i Silfi e le Salamandre[2]; a queste quattro specie, per la verità, bisognerebbe aggiungere i Giganti e parecchie altre. Questi esseri, benché abbiano apparenza umana, non discendono affatto da Adamo; hanno un'origine del tutto differente da quella degli uomini e da quella degli animali ...



Però si accoppiano con l'uomo, e da questa unione nascono individui di razza umana.
Nella visione paracelsiana vi sono due nature: una è quella umana, spessa, palpabile e sensibile, mortale, l'altra quella spirituale, impercettibile, eterna. Tra queste due vi è la natura intermedia, partecipe delle altre due, che, in un assottiglimento progressivo fino all'invisibile, sembra collegare i diversi piani della creazione divina.
Quest'ultima natura partecipa di quella dell'uomo e di quella dello spirito, senza diventare natura né di questo né di quella: infatti gli esseri che appartengono ad essa non potrebbero essere classificati con gli uomini, perché volano alla maniera degli spiriti; ma neppure potrebbero essere classificati con gli spiriti, perché evacuano, bevono, hanno carne ed ossa alla maniera degli uomini.

L'uomo ha un' anima, lo spirito non ne ha bisogno; le creature in questione non hanno affatto un'anima e tuttavia non sono simili agli spiriti: questi non muoiono, quelli muoiono. Queste creature che muoiono e non hanno un'anima, sono dunque animali? Esse sono più che animali: infatti parlano e ridono, cosa che questi non fanno. Di conseguenza, si avvicinano più agli uomini che agli animali.
Però, esse si avvicinano agli uomini senza divenire tali...
Si può anche dire che sono superiori agli uomini, perché sono inafferrabili come gli spiriti; però bisogna aggiungere che il Cristo, nato e morto per riscattare gli esseri dotati di anima e discendenti da Adamo, non ha riscattato queste creature che non hanno un'anima e non discendono da lui.

Nessuno deve stupirsi o dubitare della loro esistenza. Si deve solo ammirare la varietà che Dio mette nelle sue opere. Per la verità di questi esseri non se ne vedono ogni giorno, ed, anzi, non se ne vedono che raramente. Io stesso non li ho visti che in una specie di sogno...
Esse sono prudenti, ricche, sagge, povere, folli come siamo noi. Sono l'immagine rozza dell'uomo come l'uomo è l'immagine rozza di Dio...

Questi esseri non temono né il fuoco né l'acqua. Sono soggetti alle malattie ed alle indisposizioni umane. Muoiono da bestie e la loro carne va in putrefazione come quella animale.
Virtuosi o viziosi, puri o impuri, migliori o peggiori, come gli uomini, essi ne hanno le abitudini, i gesti, il linguaggio; come loro differiscono per la taglia e l'aspetto, vivono sotto una legge comune, lavorano con le loro mani, tessono i loro abiti[3], si governano con saggezza e giustizia, danno prova di raziocinio in tutto ... E poiché sono privi di anima non pensano a servire Dio né a seguire i suoi comandamenti; soltanto l'istinto li spinge a comportarsi onestamente.

Dotati di organizzazione sociale e di naturale orizzonte etico, i diversi popoli vivono naturalmente nel proprio elemento di pertinenza, in un infallibile equilibrio cosmico. Gli ondini, vivono nell'acqua, i salamandri nel fuoco, gli gnomi nella terra e i Silfidi nell'aria. Così come noi possiamo meravigliarci di pensare agli ondini che vivono nell'acqua, o agli gnomi che vivono nella terra, così essi si sorprendono nel guardare noi, le nostre abitudini ed i nostri costumi. L'armonia perfetta di ogni popolo con il suo Caos, fa sì che queste creature possano, nell'ambito del proprio elemento, muoversi senza difficoltà alcuna. Anche gli gnomi, che vivono nella terra, e che dunque, risiedono in un caos spesso, essendo sottili, la attraversano senza alcuna difficoltà. Gli uomini, al contrario, che vivono in un caos sottile, come è l'aria, sono assai più spessi. È evidente che il caos delle diverse specie, confina con quello delle altre.

Così gli Gnomi, che hanno come caos la terra, avranno sotto di sé la terra, e sopra l'acqua. Gli ondini hanno sopra di sé la terra e sotto il cielo. E così via.
Le specie elementali possono vivere senza difficoltà nel caos dell'uomo, poiché esse sono di natura sottile. L'uomo, di natura troppo spessa, non potrebbe sopravvivere in elementi anch'essi spessi come l'acqua e la terra.
Ognuna delle specie ha un proprio firmamento.

Gli Gnomi vedono il sole, la luna e le stelle attraverso la terra, parimenti, le Ondine scorgono il sole attraverso l'acqua, le Salamandre lo vedono fecondare e riscaldare il loro caos, e riportare l'estate, l'inverno, il giorno, la notte...

La specie più simile all'uomo - e, a partire dalle affermazioni di Paracelso, si direbbe, la più rozza - è quella dei silfidi, che condivide lo stesso caos della razza umana, l'aria.

L'apparente somiglianza con l'umanità, tuttavia, non tragga in inganno sull'apparenza prodigiosa e straordinaria di queste diverse specie di esseri. Infatti, in genere, gli gnomi e i salamandri sono scambiati per spiriti, poiché appaiono in una forma brillante e splendente. Essi sono tenui ed agili come gli spiriti incorporei. Il loro sangue e la loro carne sono di sostanza luminosa.

Per Paracelso, le fiammelle che alle volte si vedono danzare di notte sui campi, sono proprio gnomi, e non fantasmi e spiriti vaganti, come pensa il volgo.

Gli ondini spesso, lasciano il loro elemento per contattare l'uomo, parlargli ed unirsi carnalmente a lui. Essi condividono lo stesso linguaggio con gli Gnomi, i quali a loro volta, talvolta contattano l'uomo, ma si contentano di servirlo, e, se l'uomo si comporta con loro onestamente e se mantiene le promesse fatte, non esitano a coprirlo dei tesori e delle ricchezze di cui essi sono custodi nelle viscere della terra. Ma la ricchezza dispensata dagli gnomi deve essere sperperata, non tesaurizzata, o le piccole entità cesseranno la
dispensazione dei loro preziosi favori.
I silfidi, che non conoscono il nostro linguaggio, sono il popolo più timido. I Salamandri parlano poco, frequentano poco l'uomo e preferiscono le vecchie e le fattucchiere. Chi salisse sul monte Etna, potrebbe facilmente sentire le grida ed i rumori delle loro attività, l'inquieta operosità che agita il loro elemento. Possono essere infidi, e, talvolta, ricettacoli del Maligno. Questi, infatti, alle volte penetra nel corpo di gnomi e silfidi, specie delle femmine, inducendo parti abortivi e provocando nascite di bimbi malati.

Gnomi e ondine servono bene l'uomo, e volentieri entrano in contatto con lui, ma se maltrattati in vicinanza del loro elemento, spariscono prontamente. Lontano dal loro elemento, invece, subiscono anche i maltrattamenti che l'uomo può voler infliggere loro.
Ma per quale ragione, talvolta, questi esseri nascosti si palesano all'uomo, cosa li spinge ad entrare in relazione con i figli di Adamo?
Per qual ragione, soprattutto, essi ricercano l'amore dell'uomo? Paracelso continua:
Abbiamo detto che questi esseri potrebbero avere rapporti carnali con gli uomini ed averne dei figli. Questi figli sono di razza umana, perché il padre, essendo uomo e discendente di Adamo, dà loro un'anima che li rende somiglianti a lui, e sono eterni. Io credo che la femmina che riceve quest'anima con il seme sia, come la donna, riscattata dal Cristo. Noi non perveniamo al regno divino se non quando comunichiamo con Dio. Similmente, questa donna non acquista un'anima fino a quando non conosce un uomo.

Infatti, chi è superiore comunica la sua virtù a chi è inferiore. Ecco, quindi, un'altra ragione dell'apparizione di questi esseri; essi chiedono il nostro amore per elevarsi, come i pagani chiedono il battesimo per acquisire un'anima e rinascere con il Cristo.
Ma il rapporto con le ondine non è privo di rischi. Se tradite senza permesso, esse ricompaiono all'improvviso ed uccidono senza pietà l'amante umano infedele. Inoltre, il legame che instaurano con i loro amanti è talmente profondo e forte, che il loro destino si riflette prontamente su quello dell'amante. Se esse soffocano o patiscono, anche il loro sposo soffocherà e patirà. Se esse muoiono, anche lo sposo morirà. Il legame si scioglie solo con il consenso unanime delle due parti.

Gli elementali di Paracelso, emersi dalle nebbie del folklore e dignificati da considerazioni e rivelazioni al confine tra filosofia ed immaginazione pura, dispersi nella vasta e variegata produzione attribuita al grande mago rinascimentale, non sembreranno riscuotere rilevante attenzione per ancora un po' di tempo. Bisognerà attendere, più di un secolo dopo, l'immaginazione e la brillante sornioneria di un travagliato sacerdote francese, perché salamandri, gnomi, silfidi e ondini ritornino alla ribalta, divenendo un fenomeno culturale di cui troviamo tracce anche nella successiva letteratura europea: l'abate Nicholas Henry Montfaucon de Villars.

Nel 1673, lungo la strada per Lione, ad appena 38 anni, Montafaucon de Villars aveva incontrato lungo quella solitaria strada, quei popoli elementari  la fortuna del Conte di Gabalì e dei popoli elementari descritti nei suoi dialoghi, sopravvivrà alla morte dell'autore.
Per avvicinarci alla struttura ed alla trama del libro, leggiamo cosa ne dice il prefattore dell'edizione del 1788[9], l'editore Charles- Georges-Thomas Garnier:
...La favola del romanzo del Conte di Gabalì è semplice: si suppone che un famoso adepto che si chiama Conte di Gabalì, venga a trovare l'autore dall'interno della Germania, dove era abitualmente residente; egli crede di aver scoperto nell'autore delle disposizioni naturali ai grandi misteri della cabala, e questa scoperta determina il nostro cabalista, non solo a fare un lungo viaggio per venire a trovare questo nuovo saggio, ma a sviluppare nel neofita le conoscenze di questa scienza sublime e segreta fin nei suoi più intimi dettagli. Con questo presupposti, il conte di Gabalì ha cinque conversazioni con l'autore, in cui spaccia al suo interlocutore, con un tono dogmatico e sentenzioso, delle vere e proprie stravaganze. Talvolta la testa del cabalista si scalda, e delle vivide apostrofe alla divinità ed agli spiriti elementari provano un'immaginazione esaltata con barlumi di ragione e di fondata filosofia che appaiono di tanto in tanto, provano che il visionario aveva originariamente un buono spirito, che si è lasciato sedurre e guastare.

La cabala del Conte, consiste essenzialmente nell'entrata in relazione con le creature invisibili che popolano ed affollano gli elementi, gli elementali, i quattro popoli degli Gnomi, degli Ondini, dei Silfidi e dei Salamandri. Popoli e  loro meraviglie, che poi, come già detto, sono essenzialmente prelevate dal trattato paracelsano




Legenda del Popolo
Elementali della Terra: Gnomi
Elementali dell’Acqua: Nereidi
Elementali dell’Aria: Silfidi
Elementali del Fuoco: Salamandre
Le Fate sono elementali molto particolari, se volessimo associarle ad un elemento forse potremmo associarle al quinto elemento: l’etere, cioè il più sottile e vitale degli elementi di Natura.

LO SPECCHIO DELL'OMBRA

LO SPECCHIO DELL'OMBRA
da Picasso a Picasso -olio su carta riciclata (di Elena Gennai)

SHAMMURAMAT

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olio su cartone riciclato (di Elena Gennai)